NON APRITE QUELLA PORTA 3D
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IN BREVE – Qualità: ★ Ritmo: OOOO – Pubblico: cinepopcorn*  TWEET Il 3D è ormai la scusa per riconfezionare i successi del passato, svuotati ormai di ogni senso e contenuto. Vade retro. LA TRAMA Leatherface, il noto personaggio creato nel 1974 (maschera di pelle umana, grembiule da macellaio e motosega) rivive in questo film che prende avvio ..

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NON APRITE QUELLA PORTA 3D

15_Non aprite quella porta

IN BREVE – Qualità: ★ Ritmo: OOOO – Pubblico: cinepopcorn* 


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Il 3D è ormai la scusa per riconfezionare i successi del passato, svuotati ormai di ogni senso e contenuto. Vade retro.


LA TRAMA

Leatherface, il noto personaggio creato nel 1974 (maschera di pelle umana, grembiule da macellaio e motosega) rivive in questo film che prende avvio dal primo episodio della serie. Una ragazza scopre di aver ereditato la villa da parenti che non sapeva di avere. Andrà, in compagnia di amici, a raccogliere l’eredità e scoprirà, a sue spese, che la villa è tuttora abitata dal pericoloso assassino, a lei stessa imparentato.


IL COMMENTO

Occhialoni 3D. Poltrona comoda. Pop corn. Un grande classico degli horror rivive in 3D. La storia del macellaio minorato mentale con sega elettrica sfida la modernità. Vincerà la sfida? L’evoluzione tecnica è davvero deludente. Si riduce a un paio di scene, con motosega aggressiva che invade gli occhialoni, oltre a un po’ di profondità e prospettiva distribuita nel corso di tutto il film. Modesta, davvero modesta. In compenso la storia subisce una vistosa involuzione. Lo si sa, un horror ha le sue regole e la verosimiglianza non costituisce certamente un criterio di valutazione. Ma il film supera se stesso e mette in campo l’impossibile nelle scene più possibili. Luessenhop, regista semisconosciuto, è in grado tutto sommato di costruire una buona tensione, grazie ad una regia attenta, curata dal punto di vista delle immagini, delle inquadrature, dei suoni e dei silenzi. Il sangue scorre copioso, rispettando una delle conditio sine qua non dell’horror contemporaneo. Ma la qualità visiva è oscurata completamente dalla pochezza dei personaggi, delle loro storie e fattezze. Il manipolo di vittime è costituito da due maggiorate e tre modelli, stucchevoli nell’esibizione dei corpi. Ma ci passiamo sopra. Passiamo sopra anche alle assurde imprudenze, agli improbabili eroismi o alle deliranti strategie di evitamento del killer, che sono come di consueto il meccanismo che permette all’horror di divenire tale. Ma quello su cui è davvero difficile passar su è la costruzione della storia stessa. Verso la fine del film, infatti, la giovane ereditiera, a cui hanno appena ammazzato il fidanzato e i due amici, scopre improvvisamente di sentirsi indissolubilmente parte della sua famiglia d’origine, rappresentata dal cugino e mostro “segaiolo”. E di lui prenderà le difese, scontrandosi con un intero paese di rozzi vendicatori. Mah. La turpe, sinistra e inquietante follia che accompagnava i personaggi dei primi episodi garantiva quella sottile credibilità sufficiente a permettere allo spettatore di provare paura senza il fastidio della ragione. Ma in questo film la ricerca di un senso a giustificare la storia diviene la sua principale arma autodistruttiva. Mi pare troppo anche per un adolescente.

SCHEDA ESSENZIALE

Titolo originale: Texas Chainsaw – Genere: horror – Durata: 1h 30 – Regia: John Luessenhop – Cast: Alexandra Daddario, Scott Eastwood (figlio di Clint), Tania Raymonde, Shaun Sipos, Keram Malicki-Sanchez – Produzione: USA (Moviemax) – Uscita: 28 febbraio 2013

 

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